Domenica mattina, sveglia presto.
Tutta la notte non ho fatto altro che pensare a questo giorno. Due mesi di allenamento per un totale di 26 allenamenti, alcuni anche pesanti, senza mai mollare, inseguendo un obiettivo, un sogno. Il giorno della gara è sempre un giorno particolare. Tutta la squadra ti è molto vicina, ti incita, ti dice che farai bene. Tu sei incerto, non sai quel che farai, ma sai che ci proverai. Il mister ti viene addirittura a trovare in ufficio per ricordarti che per fare un lavoro fatto bene, dopo 2 mesi di allenamenti, dovresti finire la gara sotto le due ore. Tutte queste cose scaturiscono in me molteplici emozioni che variano in modo assurdo dalla felicità alla paura. La giornata è grigia, molto grigia. Scendo di casa insieme a Mary (chi è Mary? Una santa donna, nonché la mia ragazza) che sarà la nostra fotografa per un giorno. Attendo i ragazzi che sono in ritardo di qualche minuto, spero che abbiano cambiato idea, l’idea di tornare a letto, oggi, non mi dispiace affatto. La mia ipotetica fuga dal dovere quotidiano si interrompe dopo pochi secondi. I ragazzi sono arrivati. Daniele ha la tranquillità di un bambino, anche lui è alla sua prima mezza, ma forse pensa di andare a pescare. Giuseppe si presenta con tuta, felpa e giubbotto… Peppe non è ancora Natale!!! Mario invece si presenta con un sorriso sgargiante un po’ per prendermi per il culo, un po’ perché è Mario.
Partiamo verso Firenze ed il tempo ovviamente peggiora mano a mano che ci avviciniamo all’ora di partenza…tanto incredibile quanto vero. In macchina ci facciamo un sacco di risate tra doppi sensi e cavolate varie. Cominciamo a cambiarci e la pioggia aumenta d’intensità. Grazie, qualcuno lassù ci vuole bene a quanto pare. Discutiamo qualche minuto sul come vestirci ma io non ho dubbi: canottiera e viaaa!!! Devo finire 21 km sotto le 2 ore e posso stare a pensare a come vestirmi? Anche no. Mario ci invita tutti al riscaldamento, ma dato il meteo odierno la possibilità di riscaldarsi sarebbe bassa anche con una stufa a pellet! Giuseppe ripete come l’ave maria: “ma chi me l’ha fatto fare”, “che tempo di merda”, “chitemmuort”, “menomale ho il cinghiale a casa” è un nastro che non finisce più. Probabilmente la pioggia ed il freddo non sono di suo gradimento.
Tutti ai propri posti. Siete pronti? Siete pronti? Ma siete pronti? Volevano essere sicuri che tutti fossimo omogeneamente fradici per poter far iniziare la gara, ma dopo 5 minuti finalmente lo sparo. Un morto e due feriti e finalmente possiamo partire. Un uomo accanto a me esclama: “ora faccio 2km, arrivo alla macchina e torno a casa! Piove troppo!” Signore, io capisco tutto eh, ma si è svegliato presto, ormai che è fradicio… acqua più acqua meno…cambia poco! Il momento dello svago è finito. Saluto Daniele e Giuseppe che vanno troppo forte e che se tutto và bene, rivedrò alla fine. Concentrazione massima. Oggi Mario sarà il mio pace maker personale, che uomo. Faccio partire l’orologio, ma decido di non guardarlo fino alla fine. Mi affido a lui, ho totale fiducia nelle sue capacità. Facciamo un paio di chilometri e Mario mi chiede come sto. Senza proferire parola alzo la testa, alzo il pollice in segno di “ok”, e procediamo. Al 5km mi viene il dubbio di essermi iscritto involontariamente ad un duathlon. La pioggia incessante ha creato un vero e proprio lago sul manto stradale, altro che pozze! Al rifornimento Mario avanza veloce per prendermi e portarmi da bere (ed io che speravo di fermarmi…) e lo farà più volte durante la gara. Un pensiero in meno… alla fine devo “solo” correre. Mario cerca di scherzare con delle runner gilrs e smorzare un po’ il clima. Lo sento, rido dentro, ma non faccio trapelare alcuna emozione. Mi richiede come sto, e con il solito pollice confermo il “tutto bene”.
Avanziamo in modo costante fino all’8km altro rifornimento, altro aiuto, e avanti fino al decimo. Qui comincio a lavorare con la mia testa. “dai Marco, è come se tu iniziassi adesso una gara di 10km, che vuoi che sia?”, “oddio, in realtà sono 11”, “non ci pensare”, “piano piano, tranquillo, ce la faremo”. Parlo con me stesso come fossimo in due. Comincio a pensare d’esser pazzo, ma và bene così, pensando distolgo la mente dal focus della gara, e il tempo passa…. Le gambe cominciano ad appesantirsi verso il 15 esimo chilometro, ma sono ancora fiducioso, piano piano, arriviamo in fondo. Mario, mi passa cibo, acqua, thé (non quello di Edo purtroppo) e qualcosa da mangiare. Non mi pongo nemmeno il dubbio, quando mi dà qualcosa butto giù senza fare domande. Durante tutta la la garà non proferirò parola con nessuno, scelta obbligata la mia perché se parlo non respiro e se non repiro muoio. Siamo alle battute finali, sono passati 17 lunghissimi chilometri. La pioggia diventa grandine, i centimetri si trasformano in metri. La strada, seppur di poco comincia a salire, le gambe implorano pietà ed al chilometro 18 sono arrivato. No fermi, non ho finito la gara eh! Sono arrivato io! Non ne ho veramente più! Mario mi incita, probabilmente i segni della mia fatica adesso sono evidenti. Comincio a pensare “ora basta” “non ce la faccio più” “mi fermo”. Cerco la forza ed il coraggio, lui mi incita, ignoro il corpo, ascolto la mente, ci devo provare!
“Tutto bene?” mi chiede. Penso di dargli il mio ok, lo penso, ma non lo faccio. Probabilmente le forze stanno finendo e per non consumare energie involontariamente non eseguo il semplice gesto. Non sono più padrone del mio corpo. Probabilmente Mario davanti a me comincia a preoccuparsi. Mi chiama, mi incita, mi dice di non mollare. Mi promette addirittura di mandarlo a fanculo tranquillamente dopo il traguardo. Cavolo, dovevo proprio esser tinto male. Siamo al 19esimo. Tra il 19 e il 20 esimo un madonnino mi saluta, probabilmente lo guardo con una faccia da bischero… ma ci può stare. L’incitamento è costante e continuo. NON DEVO MOLLARE. Per l’ultimo chilometro mi avvicino a lui, come da comandamento. Non ci crederete, ma al 20 esimo chilometro, a solo 1 chilometro dall’arrivo la mia testa e il mio corpo facevano a cazzotti: “fermati!”, “non adesso eh!”, “dai dai dai!”, “ora muoio”, “manca “solo” un chilometro”, “ce la posso fare”, “ora svengo”. Dalla regia mi dicono che siamo a 7 minuti dalle 2 ore, ce la posso, ehm…possiamo fare! Mario mi dice di seguirlo e che mancano solo 700 metri. Si, i 700 metri più lunghi della mia vita. Lui aumenta il passo e di conseguenza devo farlo anche io. Ragazzi, vi giuro che non ho più energie, ma lui mi dice che mancano solo 400 metri, adesso o mai più. Comincio incredibilmente ad aumentare il passo. Ultimo ponte, ultima curva, e ops…sbaglio strada… l’arrivo era sulla mia sinistra ed io stavo girando a destra…(si ma stai bene eh!).
Intravedo l’arrivo, e come un rinoceronte abbasso la testa e carico al massimo! Gli ultimi 300 metri li faccio a 3.19, taglio il traguardo a 1.58.43 e comincio a barcollare. Daniele e Giuseppe sono belli sorridenti. Che cavolo ci sarà da ridere poi me lo dite eh?! Daniele mi da un pacca consolatoria sulla spalla e comincio a barcollare sul serio. Solo una panchina mi eviterà di finire nel lago. Ristoro finale, medaglia, e tante risate. Una giornata indimenticabile.
Grande Marco, bellissimo racconto che fotografa in pieno questa bellissima esperienza. Bravissimo!
Grazie Francesco, emozioni indelebili!