Molti potrebbero pensare, ed io era tra questi, che la gara più bella sia quella più veloce, quella, ad esempio, in cui impieghi meno tempo a percorrere i 42 km e 195 m della maratona. Ho scoperto quest’anno che non è così. Venivo da una cocente delusione: il ritiro dalla Venice marathon del 27 ottobre. Una gara che ho corso solo con il cuore provando a ripetere il tempo di Padova 2012: 3 ore e 18 minuti. Ma come dice la legge unica dei maratoneti la maratona deve essere corsa 30 km con le gambe, 12 km con la testa e 195 m con il cuore. Ho infranto questa legge ed ho pagato dazio. Nelle ore successive i propositi erano tutti per appendere le scarpe al chiodo, ma, dopo una notte passata a “ributolarmi” nel letto e a rivivere la gara appena fatta mi sono alzato con una convinzione: RISCATTO ALLA FIRENZE MARATHON. Oggi alla distanza
di oltre un mese sono contento di essermi ritirato perché ho potuto così correre la maratona più bella, quella di cui mi ricordo ogni singolo passo. 24 novembre, lungarno Pecori Ridolfi, partenza della maratona. E’ una giornata bellissima, ne caldo ne freddo. Corro in canottiera. Parto con Francesco Vannini deciso a riprovare le 3h e 30. Viali, non guardo mai l’orologio, il passo giusto lo devo trovare dentro di me. Parco delle cascine, la bella giornata rende questo tratto fantastico anche grazie alla enorme quantità di persone che ti salutano e ti incitano. 15° km siamo fuori ed andiamo verso San Frediano fino a Porta Romana lungo il canyon di via dei Serragli (chi ha corso la notturna di San Giovanni sa che caldo boia faccia lì). Da lì poi attraverso Piazza Pitti (19 km) andiamo verso Ponte Vecchio che però a questo punto sfioreremo solamente per dirigerci verso il Ponte a San Niccolò. Qui perdo Francesco. Mi girerò alcune volte per cercarlo con gli occhi ma non lo vedo, rallento anche un po’ ma niente. Si attraversa l’arno e si passa alla mezza. Cerco ancora una volta Francesco, sarà l’ultima, non lo vedo, mi dispiace ma siamo nei 30 delle gambe queste vanno e pertanto le faccio girare. A questo punto o mi raggiunge lui o ci vediamo all’arrivo. Obihall e poi via verso il 25° e la stazione di campo di marte. Ponte al Pino e da qui nella zona degli impianti sportivi: il Franchi ed il Ridolfi. Si arriva al 30° il rifornimento più importante: sali, carboidrati tutta roba che tornerà utile dopo il 35°. Qui le strade sono larghe e nel diradarsi di podisti vedo Marco Papi, è li 50 metri più avanti insieme a Filippo Lelli. Mi dico li riprendo ma abbiamo superato il 30° e siamo appena entrati nella fase della “testa”. Rinuncio e rimango del mio passo, mancano ancora 12 km. Cavalcavia dell’Affrico (maledetto) si scende verso il 32° e da li si torna verso il centro. Lì sarà da brividi. Complice la bellissima giornata c’è tantissima gente già da via della Colonna che ti incita e ti da la carica a continuare. Piazza Santissima Annunzia, piazza San Marco e poi nel canyon di via Ricasoli dove ci intruppiamo e dall’alto probabilmente appariamo come un lunghissimo serpente dai mille colori. 35° rifornimento: sali e strizzo un limone nell’acqua, i carboidrati a questo punto non servono più, arriverebbero troppo tardi. Piazza Duomo, il delirio dalle persone accalcate lungo il percorso. Qui sento due milanesi (?) che commentano entusiasti perché alla maratona di Milano non c’è tutta questa partecipazione da parte della città. A questo mi viene da pensare che solo qualche anno fa probabilmente oltre a qualche applauso lungo il percorso avrebbero ricevuto anche qualche vaffanculo. Ma tant’è oggi Firenze è così ed è bellissima. Via Roma, piazza della Repubblica, qui trovo Mario che mi da il cinque e mi incoraggia a continuare (solo chi corre sa come semplici gesti siano fondamentali per noi amatori soprattutto nel momento del massimo sforzo). Mentre vado verso Porta al Prato supero un asiatico (giapponese?) che due anni prima mi aveva passato proprio in quel tratto. Lo riconosco perché indossa la stesso completo coloratissimo che aveva l’altra volta. Questa volta, però, ciccio arrivo prima io siamo nel tratto della “testa” e la mia oggi c’è. Torniamo sui lungarni ed attraversiamo il ponte di Santa Trinita e passiamo dal cartello del 39°. Qui arriva una fitta forte al flessore sinistro. CAZZO NO. Rallento ed allungo la gamba per mimare una leggera estensione del muscolo. Passa. Ponte vecchio. Piazza della Signoria, qui in mezzo a centinaia di persone accalcate mi sento chiamare, è Franco Bindi un altro ex podista di quelli che mi mancano tanto (cazzo ma sono rimasto solo io?). Inforco via Calzaioli, altra fitta al flessore, faccio come prima e dopo alcuni secondi passa. Ma decido di rallentare. Piazza Duomo ancora e rifornimento, inutile a questo punto ma qualcosa butti giù anche solo per nervi. Bacio il cartello del 40° nel canyon di via del Proconsolo che bastardamente ha un finale in leggera salita. Viali (ancora una fitta, vaffanculo al dolore e correre), lungarno della Zecca Vecchia. Ci siamo. Ancora volti conosciuti: Vasarri, Morandini Sani e Pugliese (un’altra volta: cazzo ma sono rimasto solo io?). Qui penso: oh ma è dal 35° che non guardo il cronometro. Lo faccio 3h e 27min. Ce la faccio anche a questo passo, ma per sicurezza anticipo la fase del cuore e mi metto a tutta. Piazza dei Cavaleggeri e da lì via verso piazza Santa Croce dove entro quasi piegato come se fossi in moto. Arrivo a braccia levate come se avessi vinto (in realtà il vincitore a quell’ora ha già fatto anche la doccia): 3h 29 min 21 sec. Ce l’ho fatta Venezia è stata riscattata. Anche Francesco, che poi è solo dietro 30 secondi, riesce a completare la sua prestazione sotto le 3h e 30 min. La sera del 27 ottobre di ritorno da Venezia appresi la notizia che era morto Lou Reed e siccome le due maratone sono tra loro legate da un filo psicologico il titolo di questo racconto riprende quello di una sua famosa canzone che descrive perfettamente quella che è stata la giornata: JUST A PERFECT DAY.