Cominciano le Olimpiadi, lo spettacolo e le emozioni vanno in scena.
Già da un po’ in tv ricorrono vecchi filmati di edizioni passate, documentari e film sul tema, e proprio l’altra sera sono “incappato” nel film BERLIN 36,
per chi non lo avesse visto consiglio vivamente la visione, il film narra la storia di una ex atleta tedesca, specialista del Salto in Alto ed in seguito del lancio del peso, che grazie a forti pressioni internazionali, fu una delle poche atlete ebree tedesche prese in “considerazione” per la partecipazione alle XI Olimpiadi di Berlino, organizzati dalla Germania nazista, Gretel fu presa in considerazione per paura di boicottaggio delle altre nazioni, ma poi con un sotterfugio fecero in modo che lei non vi prendesse parte, bastò infatti comunicare che l’atleta si era infortunata gravemente il giorno prima dell’inizio dei giochi e con la complicità dei media tedeschi vicini al fuhrer il gioco fu fatto… ed e’ per questo che voglio far conoscere a tutti coloro che ignorano la sua esistenza Gretel Bergmann.
Gretel Bergmann, all’anagrafe Margaret Bergmann e dopo aver contratto matrimonio Gretel Bergmann-Lambert, Margaret Bergmann, detta Gretel, nacque il 12 aprile del 1914 a Laupheim, un piccolo comune nel sud della Germania, da una famiglia ebrea rispettata e benestante. Sin da giovanissima venne iniziata a diverse discipline sportive, quali la corsa, il nuoto, il tennis e lo sci e già a dieci anni iniziò a gareggiare ottenendo risultati incoraggianti per il prosieguo della sua carriera sportiva. Nel 1930 entrò a far parte dell’associazione sportiva di calcio Ulmer FV 1894. Qui, grazie ad un buon reparto di atletica leggera, riuscì ad ottenere i primi successi. L’anno successivo, presenziò ai Campionati della Germania meridionale, dove stabilì un record saltando 1,51 metri.
A diciannove anni Gretel si trovò dinanzi ad un avvenimento che rappresenterà il bivio tanto per la propria vita, quanto per la sua carriera sportiva. Nel ‘32, difatti, avvenne l’ascesa del Partito nazionalsocialista, che di lì a poco portò ad un rapido deterioramento delle condizioni sociali degli ebrei. Per Gretel, tuttavia, l’incubo si materializzo soltanto un anno dopo, quando nel ‘33, con l’avvento delle leggi razziali, lo stesso allenatore del club ove era iscritta e si allenava, le comunicò che non era più ospite gradito in quanto ebrea. Basti pensare che, come ricordò in seguito la stessa Gretel, sull’entrata del club in questione, venne apposto un cartello che riportava la scritta “Ingresso vietato a cani ed ebrei”. Come se non bastasse, per via della sua condizione, le venne anche negato l’accesso al Collegio tedesco per la ginnastica a Berlino.
Il padre Edwin, così come tutta la famiglia, preoccupato per il futuro sportivo di una giovane tanto promettente, approfittò nel ’34 di un viaggio di lavoro, per iscriverla presso il Politecnico di Londra. Qui Gretel, all’epoca diciannovenne, venne accettata dal circolo di atletica in breve e poté così proseguire il proprio percorso sportivo. Nel 1935, infatti, partecipò e vinse il Campionato di Inghilterra, dove fermò l’asticella all’altezza di 1,55 metri.
Nell’agosto del 1995, su iniziativa della federazione sportiva tedesca, le viene intitolato uno stadio, il Gretel Bergmann Sport Arena, ubicato nel quartiere di Berlino Wilmersdorf. L’ex atleta, ormai ottantunenne, decise di non prendere parte alla cerimonia inaugurale, per mantenere fede alla promessa di non mettere più piede in Germania. Nel 1996, tuttavia, in occasione della cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici di Atlanta, fu ospite d’onore del Comitato sportivo tedesco. Nel 1999 tuttavia le vengono intitolate altre strutture sportive tedesche. Questa volta, memore anche del trattamento ricevuto durante le Olimpiadi di Atlanta, decide di accettare e prendere, così, parte alle cerimonie previste. In seguito dichiarò: « …ma quando mi fu detto che avrebbero nominato le strutture con il mio nome ho pensato che i giovani si sarebbero chiesti Chi è stata Gretel Bergmann? e avrebbero saputo la mia storia e quella di quei tempi. Io penso sia importante ricordare e così ho deciso di tornare nei posti dove avevo promesso che non sarei più tornata. » In tale occasione la Bergmann, per poter parlare con il pubblico tedesco, ebbe bisogno di un interprete poiché, sempre per far fede ad una promessa fatta a se stessa anni prima, aveva completamente dimenticato la natia lingua.
Il 23 Novembre 2009, a distanza di ben 73 anni, il record nazionale di salto in alto femminile, stabilito nel ‘36 dalla Bergmann e che il regime nazista si era rifiutato di omologare, è stato ufficialmente riconosciuto: « Sappiamo che non è una reale riparazione, ma almeno un atto di giustizia ed un gesto simbolico di rispetto nei confronti di Gretel Bergmann (Theo Rous)
Mario Lamberti fonte Wikipedia